Formaggi
Formaggi e salumi tipici della Liguria
I formaggi
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Formaggi liguri
Quella dei formaggi liguri è una tradizione antichissima ma poco conosciuta, anche all’interno della stessa regione. Le produzioni sono sempre rimaste, se non casalinghe, tutt’al più locali e molto legate al territorio d’origine. In certi casi si tratta di formaggi molto freschi che quindi devono essere consumati entro pochi giorni e ciò probabilmente ha scoraggiato il loro commercio e diffusione, persino nelle province vicine. I formaggi liguri sono soprattutto caratteristici dell’entroterra e delle vallate: data la conformazione del terreno e della disponibilità di spazi, nella maggior parte dei casi sono o formaggi di transumanza o formaggi di latte ovino e caprino (questo in maggioranza nel Ponente), anche se il formaggio ligure più famoso, la prescinsêua, è invece un po' un eccezione e non corrisponde a nessuna delle due descrizioni. Qui puoi trovare una veloce introduzione per riscoprire insieme la tradizione dei formaggi liguri.
BRUZZO DELLA VALLE ARROSCIA (Provincia di Imperia)
Il formaggio bruzzo della Valle Arroscia (noto anche come brus, brussu) è una cremosa ricotta fermenta di pecora. Ha una pasta di colore tra il bianco e il grigio e una consistenza spalmabile. Il suo sapore iniziale è già deciso e nel prosieguo della stagionatura diventa ancora sempre più aromatico.
Questo formaggio ha una storia radicata nelle tradizioni contadine liguri dell’entroterra dell’imperiese. I lavoratori lo portavano con sé nei campi e lo mangiavano spalmato su del pane casereccio.
Questa ricotta è tradizionalmente prodotta con il siero del latte di pecora brigasca, lo stesso latte utilizzato per produrre le tome. Queste tome dalla forma irregolare sono una specialità comune all’area che va dal savonese al cuneese fino alle Alpi marittime francesi. Sono conosciute come “sole” o “sore”, per la forma di suola da scarpa. Nella versione piemontese può essere aggiunto anche il latte vaccino. Sia il bruzzo che le tome sono legate alla tradizione locale dell’alpeggio e della transumanza.
La preparazione del bruzzo inizia con il riscaldamento del siero del latte fino a 90 gradi. Quando si forma il coagulo e affiora, viene raccolto e sistemato in cestini forati per far colare il liquido. La massa viene poi fatta fermentare in cestini di legno di larice o ciliegio. Può essere arricchita con alcuni ingredienti aromatizzanti come vino, pepe o peperoncino, e/o che aiutano la fermentazione come grappa o aceto, a seconda della tradizione familiare. La maturazione dura una settimana: in questa fase della lavorazione il formaggio viene rimescolato ogni giorno finché non raggiunge le caratteristiche tradizionali.
Una volta pronto, il bruzzo della Valle Arroscia si presta perfettamente per essere spalmato sul pane casereccio e abbinato con i pomodori o utilizzato come condimento per la pasta fresca, la polenta, come ripieno di torte salate.
CACIOTTA DI BRUGNATO (Provincia di La Spezia)
La caciotta di Brugnato rappresenta una prelibatezza tipica dei formaggi liguri, la cui produzione è ancora svolta artigianalmente in aziende casearie locali della Val di Vara, di Varese Ligure e Brugnato. È un formaggio che viene consumato fresco o comunque poco stagionato. Questo formaggio a pasta molle viene realizzato con latte vaccino crudo che viene inoculato con fermenti lattici e caglio. Dopo la coagulazione e la rottura della cagliata, la pasta è raccolta e messa negli stampi, dove viene salata e poi rivoltata periodicamente. Dopo almeno 20 giorni dalla salatura, la caciotta di Brugnato è pronta per essere gustata.
Caratterizzata da una forma tonda con un diametro di 20-30 cm e un'altezza di 10 cm, questa caciotta di latte vaccino quando è fresca non ha crosta. Tuttavia può essere mangiata anche in diversi momenti di stagionatura e quindi può formare nel tempo una crosta: questa crosta rimane comunque sottile ed elastica. La pasta molle e untuosa, può variare dal bianco all'avorio o al paglierino chiaro. La presenza di occhiatura di dimensioni medie conferisce al formaggio un aspetto invitante.
La caciotta di Brugnato può essere mangiata come formaggio fresco o di breve stagionatura. Ha un sapore caratteristico, di media intensità, ma non sviluppa mai una aromaticità troppo invadente. È ideale da abbinare con il pane arricchito le noci o con le patate, come vuole la tradizione. Ottimo con il miele di castagno locale. Può essere un perfetto antipasto o secondo piatto assieme a verdure di stagione. Per completare la tua esperienza, si consiglia di accompagnare questo formaggio con vini bianchi liguri.
CAPRINO DELLA VALBREVENNA (Provincia di Genova)
Il caprino della Valbrevenna è un formaggio ligure aromatico e dal sapore caratteristico, appartenente alla categoria dei formaggi a pasta molle, freschi o di breve stagionatura. È prodotto con latte di capra e ha una consistenza morbida. Questo formaggio riveste un interesse particolare quando il latte proviene da capre che pascolano liberamente e si nutrono delle erbe degli alpeggi, conferendo al formaggio sentori e aromi unici.
La lavorazione di questo formaggio prevede l'inoculazione del latte crudo con fermenti lattici e l'aggiunta di una piccola quantità di caglio di vitello. Dopo un periodo di riposo di circa 24 ore, la cagliata acida viene trasferita nelle classiche fuscelle forate per consentire lo spurgo. La superficie del formaggio viene poi coperta con cenere di faggio o di castagno.
Il caprino della Valbrevenna non presenta una crosta, se non quando stagionato che assume una sottile buccia. La superficie ha un colore bianco ma può virare sul paglierino e all'arancio chiaro. La pasta è morbida, talvolta friabile, non presenta occhiature e ha una tonalità sul bianco. Il trattamento con la cenere conferisce al formaggio diverse sfumature di colore sulla superficie esterna, arricchendo la sua presentazione.
Questo formaggio ligure può essere consumato dopo soli 10 giorni di stagionatura, ma può anche essere lasciato maturare per un mese, sviluppando così una complessità di sapori. L'intensità aromatica del caprino della Valbrevenna è media o medio-elevata, regalando al palato un'esperienza di assaggio appagante.
Per gustare al meglio il caprino della Valbrevenna si consiglia di aromatizzarlo e condirlo con erbe tipiche liguri come la maggiorana; ottimo anche con il timo, l'origano, e il peperoncino. Perfetto antipasto quando è presentato assieme a frittelle salate o crocchette di patate, quelle locali si chiamano "cuculli di patate". Per accompagnare questo formaggio, non c'è scelta migliore del vino bianco, soprattutto quello ligure come il Vermentino, che valorizza le sue caratteristiche aromatiche e ne esalta il gusto.
FORMAGGETTA DELLA VAL GRAVEGLIA (Provincia di Genova e di La Spezia)
Questa formaggetta è diffusa in varie zone della Liguria, che comprendono sia la provincia di Genova che quella di La Spezia. La si può trovare prodotta oltre che in Val Graveglia, anche in Alta Valle Scrivia, in Alta Valle Stura, in Val di Vara. Oggi si ottiene dalla lavorazione del latte vaccino ma in passato si trattava di un pecorino fatto con il latte dei pochi ovini che ogni famiglia possedeva, dato che le mucche erano meno comuni.
La produzione attuale prevede che al latte di vacca si aggiunto del caglio animale (di vitello o di pecora). Al raggiungimento della coagulazione la cagliata viene rotta fino a raggiungere la grandezza di una noce. Si raccoglie la massa con della stoffa e con l’aiuto del telo si trasferisce dentro a delle fascere di legno. Per far sì che le forme spurghino il siero in eccesso, le formaggette vengono pressate e rivoltate.
La formaggetta della Val Graveglia è un formaggio fresco che raggiunge al massimo una stagionatura di 30 giorni. È a pasta molle, che rimane untuosa e morbida. Può sviluppare una leggera occhiatura, molto fine e distribuita in modo regolare. La crosta è sottile ed è trattata con olio di oliva per evitare che un suo indurimento ed eventuali difetti come incrinature e spaccature.
Questo formaggio fresco è ottimo come ripieno per torte salate assieme ad erbette e per fare delle focacce al formaggio, cotte sia al forno che fritte. Ottimo con il pane come stuzzichino, in Val Graveglia si serve con i testaieu, che sono delle focaccine basse che possono sembrare delle piccole piadine o delle crepes: fanno parte della famiglia dei testaroli e sono conditi con il pesto alla genovese oppure con olio e formaggio. La formaggetta della Val Graveglia si accompagna con vino bianco locale come la Bianchetta genovese.
FORMAGGIO DI ALPEGGIO DI TRIORA (Provincia di Imperia)
Come dice già il nome, si tratta di un formaggio che nasce dalla tradizione della transumanza e dell’alpeggio estivo: ancora oggi le mucche vengono portate nei pascoli di montagna sulle Alpi Marittime. È sempre stato prodotto con latte vaccino, a volte con latte parzialmente scremato perché per necessità lo stesso latte era utilizzato per la produzione del burro.
Per iniziare la produzione, il latte viene riscaldato a una temperatura di 37 gradi quindi viene aggiunto il caglio liquido di vitello. La coagulazione è lenta. La cagliata si rompe in piccoli grumi delle dimensioni di una nocciola e viene lasciata riposare sul fondo della caldaia per un'ora. Successivamente, la massa viene estratta, salata e messa nelle fascere. Qui viene sottoposta a una pressatura per tre o quattro giorni. Dopo questo periodo, le forme di formaggio vengono trasferite in un ambiente fresco e umido per maturare. Dopo tre mesi di stagionatura il formaggio di alpeggio di Triora può essere consumato.
L’unicità organolettica di sapori e profumi di questo formaggio è sicuramente data dall’alimentazione delle mucche, che hanno la possibilità di mangiare l’erba fresca del pascolo dell’alpeggio. Queste note di gusto sono ampliate dalla stagionatura che può arrivare fino a un anno. Questo formaggio se molto stagionato esprime una forte e piacevole aromaticità. È un formaggio a pasta semidura e pressata, ha una leggera e rada occhiatura di medie dimensioni. La pasta diventa sempre più compatta con il passare del tempo. La crosta è dura e ruvida, ed ha un colore va dal paglierino al marrone.
È un ottimo formaggio da tagliere, da mangiare al naturale oppure accompagnato con del pane. Come antipasto può essere presentato assieme a delle verdure di stagione. Come abbinamento con il vino, si consiglia di prediligere bianchi secchi e strutturati.
GIUNCATA (Provincia di Savona)
Formaggio freschissimo che deve essere consumato subito non appena la pasta si è raffreddata. Un formaggio simile è prodotto anche in Calabria e in Puglia, dove può essere fatto con latte ovino o vaccino. Nel caso ligure si utilizza il latte di pecora. È tipico soprattutto della zona di Savona, mentre nel Genovesato si è persa come tradizione. Non ci sono dimensioni o una forma standard (comunque solitamente quadrata o rettangolare) perché viene data dalla fascera che ognuno usa.
La giuncata ligure si produce raccogliendo il latte di pecora di due mungiture. Il latte viene riscaldato e portato a una temperatura di 90-95°C, quindi raffreddato: a questo punto quando il latte è a 35°C viene aggiunto il caglio di vitello. Si attende circa mezz’ora che la cagliata coaguli e raggiunga la giusta consistenza per porla dentro alla fascera. Il metodo storico prevedeva che fosse utilizzata una rete di giunchi (da cui il nome) su cui la pasta del formaggio veniva fatta raffreddare e spurgare, e che dava la tipica rigatura.
È un formaggio non salato, umido e a pasta molle. Non ha occhiatura e non presenta crosta. Per queste sue caratteristiche è un formaggio che va bene sia per preparazioni salate che dolci. Una volta veniva anche mangiato come colazione, pronto al mattino quando si era raffreddato. Oggi si usa più che altro come ingrediente dentro a tortelli e ravioli, di magro e di erbe selvatiche (borragine e/o ortica); ma anche per fare i ripieni di verdure alla genovese. Un altro utilizzo è come salsa, sia dolce che salata: in questo caso viene aromatizzato. Per l’abbinamento con il vino dipende tutto da come si mangia questo formaggio. Si può andare da un vino bianco Pigato fino a un Bracchetto frizzante se la giuncata è servita come dessert.
PRESCINSÊUA (Provincia di Genova)
Formaggio tipico ligure dalla grande storia, che veniva già prodotto nel Medioevo. La prescinsêua, o quagliata genovese, è un formaggio freschissimo utilizzato in tantissimi piatti della tradizione locale. È utilizzato soprattutto come ingrediente da aggiungere ai ripieni, dalle torte salate alla pasta fresca.
La produzione prevede che il latte vaccino fresco sia lasciato a riposo per 48 ore. Dopo questo tempo, una parte del latte viene riscaldato fino a una temperatura di 50°C. Quindi viene aggiunto al resto del latte assieme al caglio e si aspetta 4 ore. A questo punto la cagliata viene rotta e la pasta del formaggio è posta in contenitori. Quando si raffredda si può subito consumare. La prescinsêua viene venduta in vaschette.
È un formaggio fresco, a pasta molle, che per consistenza ricorda una ricotta, mentre il gusto è più simile allo yogurt per le piacevoli note acidule. La prescinsêua deve essere consumata entro poco tempo dalla produzione ma nonostante questo è uno degli ingredienti fondamentali della cucina genovese. Si usa per la torta pasqualina e le altre torte salate, come la torta di riso genovese e la torta di cipolle genovese. È utilizzata anche per il ripieno dei pansoti. Quando la focaccia al formaggio era ancora una ricetta casalinga poteva capitare che si usasse la prescinsêua. Secondo alcune usanze familiari del Tigullio questo formaggio può servire per allungare e rendere più cremoso il pesto genovese. Ma la prescinsêua è adatta anche per preparazioni dolci, essendo un formaggio senza sale. Si abbina a vini bianchi liguri.
ROBIOLA DELLA VAL BORMIDA (Provincia di Savona)
Formaggio fresco prodotto con latte ovino, è molto antico. È citato in un suo trattato da Pantaleone da Confienza, medico e diplomatico vissuto nel XV secolo famoso per la sua "Summa lacticiniorum" (1477), considerata la prima monografia su latte e latticini: in quest’opera Pantaleone da Confienza annovera la robiola della Val Bormida tra le migliori.
La lavorazione di questo formaggio prevede che nel latte di pecora venga aggiunto il caglio di vitello. Quando si è formata una massa coagulata, questa viene raccolta per essere spurgata dal siero dentro ai setacci. Quindi, raggiunta la giusta umidità, si procede con formatura con fuscelle e la salatura a secco. Si ottiene una robiola fresca, facilmente deperibile, da consumare entro due settimane al massimo.
La robiola della Val Bormida non presenta una vera crosta ma sviluppa una “pelle” sottile, che rimane umida e rugosa. La pasta, dal colore bianco e senza occhiatura, è morbida e cremosa. Questo formaggio si accompagna molto bene con ingredienti semplici, ad esempio con delle verdure di stagione. Si abbina con vini leggeri, preferibilmente dei bianchi.
SAN STÈ O FORMAGGIO DI SANTO STEFANO D’AVETO (Provincia di Genova)
La Val d’Aveto si trova tra la Liguria e l’Emilia Romagna, con i comuni del versante ligure che fanno parte dell’entroterra genovese. Questa vallata ha una forte tradizione casearia per la presenza di pascoli per gli allevamenti di bestiame. Un tempo, quasi tutte le famiglie della Val d’Aveto possedevano qualche mucca e il latte era raccolto insieme per produrre il formaggio (latteria turnaria). Questo prodotto era poi utilizzato dagli abitanti della vallata come merce di scambio. A Genova era conosciuto come formaggio di Chiavari.
La particolarità di lavorazione del formaggio di Santo Stefano d’Aveto è che la pasta viene frantumata e salata con la salamoia dopo che è messa dentro alle fascere, quindi viene pressata. La stagionatura dura almeno due mesi e durante questo periodo le forme di San Stè vengono rivoltate e la superficie è cosparsa e trattata con l’olio.
Il San Stè è un formaggio che può essere mangiato giovane oppure un po’ più stagionato. Il San Stè giovane ha una pasta fondente che poi diventa più compatta con il procedere della stagionatura. Ha una fine occhiatura regolare e la crosta è sottile. Il colore della pasta varia in base alla stagione e all’alimentazione delle mucche.
Il sapore caratteristico è di latte e poi sviluppa note amaricanti con un retrogusto leggermente piccante. Il San Stè giovane si mangia a fette, meglio se arrostito sulla piastra o ancora più tradizionalmente su delle lastre (ciappe) di ardesia arroventate. Accompagnare con del pane casereccio, su cui servire le fette di San Stè cotto sulle ciappe. Il San Stè stagionato invece è ottimo all’interno di un tagliere di formaggi. Si abbina con vini rossi locali come il ciliegiolo e si degusta una versione molto stagionata si può anche provare con dei passiti e vini dolci muffati come il Sauternes.
SARAZZU (Provincia di Genova)
Il nome “sarazzu” (o “sarasso”) si deve al fatto che questo formaggio è ottenuto dal siero, in latino “serum” da cui derivano i termini tardolatini “seracium, seracius, seratium”. Il sarazzu è tipico della Val d’Aveto ed è prodotto con il siero che avanza dalla lavorazione del formaggio San Stè. Questo siero è riscaldato e viene poi acidificato, infine salato dopo essere stato raccolto in fuscelle.
Il risultato è una ricotta che può anche essere stagionata. Durante la maturazione il formaggio assume una pasta più o meno dura, tanto che si può anche grattugiare. È un formaggio magro e leggero ma che sviluppa un’ottima intensità aromatica e di sapore. Ottimo come condimento per la pasta, si utilizza anche dentro ai ripieni oppure per creare antipasti.